Le vittime silenti della moderna eugenetica

3 Settembre 2007

 

Lunedì 27 Agosto i giornali e le televisioni hanno dato ampio risalto alla notizia relativa al tragico episodio avvenuto presso l’Ospedale San Paolo di Milano durante un’operazione di aborto selettivo. Era stato infatti diagnosticato ad una madre che una delle due gemelle concepite (ed ormai alla diciottesima settimana di gestazione) era affetta da sindrome di down. La donna si era rivolta ai medici dell’Ospedale per ottenere che la sventurata gemellina venisse abortita e fosse invece lasciato in vita il feto della sorellina. Senonchè è accaduto che nelle tre settimane trascorse tra l’amniocentesi, i pensieri, i consigli, la decisione e l’intervento le due piccole si scambiassero di posto all’interno del grembo della madre, ed i medici nel praticare l’intervento selettivo sbagliassero obiettivo, eliminando il feto “sano” anziché quello “malato” (ad ogni buon conto abortito anch’esso – su richiesta della madre – subito dopo l’errore chirurgico).

Ora la donna ha denunciato l’Ospedale milanese e vuole essere risarcita per l’uccisione della figlia sana.

Si è di fronte ad un accadimento tragico, che pare essere l’esito di una concezione aberrante della vita umana e del destino dell’uomo, secondo la quale l’avere un figlio sano non è un dono dell’Amore, ma un diritto della donna, che lecitamente dunque può decidere di sopprimere il frutto del proprio grembo di fronte ad una diagnosi prenatale che contraddica simile aspettativa.

Una storia tragica resa ancor più triste dalla grettezza intellettuale e dalla solita ipocrisia con la quale il dibattito mediatico mostra di affrontare la vicenda ed i temi etici ad essa legati. Ci si divide infatti tra accaniti sostenitori e potenziali riformatori della Legge 194 sull’interruzione di gravidanza; ci si premura – vedi le dichiarazioni del Ministro della Salute sul Corsera di martedì 28 agosto – di precisare che non si è trattato di un caso di aborto selettivo, ma di una peculiare forma di intervento terapeutico (l’espressione “aborto selettivo” in fondo è un po’ bruttina, e poi l’inevitabile richiamo alle tecniche dell’eugenetica ampiamente praticata durante il regime nazista fa venire i brividi un po’ a tutti!); si fa un gran clamore attorno al presunto errore dei medici che hanno praticato l’intervento.

Nessun cenno alla verità della questione: l’errore più grave non è quello compiuto dai medici , l’errore è l’aborto in sé, è la soppressione di una vita umana che ha il solo torto di non corrispondere all’immaginazione indotta da una mentalità fondata su un frainteso ideale di perfezione e sul desiderio egoistico di benessere.

Ad ogni buon conto un figlio non è uno strumento nelle mani dei genitori o dei medici per la realizzazione delle rispettive aspirazioni.

Nessun uomo ha il diritto di sopprimere la vita di un altro uomo, qualunque sia la condizione nella quale è destinato a nascere e a crescere.

Vi è da essere grati alle poche voci – tra le quali certamente quella della Chiesa – che ancora una volta non hanno esitato ad andare “controcorrente” per difendere la dignità della vita umana nella sua integralità. Viva la ragione!

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