Lo sciopero dei Magistrati non serve (al)la Giustizia

20 Maggio 2004

 

A partire dal 25 maggio prossimo saranno le toghe a fare sciopero: la Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati ha deliberato all’unanimità di proclamare tre giornate di astensione dalle udienze e di manifestare così il proprio dissenso verso il progetto di riforma dell’Ordinamento giudiziario, approvato dalla Commissione giustizia , che, a loro giudizio, tradirebbe le “aperture” promesse in precedenza dall’attuale maggioranza di governo. Si sostiene da parte dei magistrati che l’obbligo di optare fin dall’inizio per la funzione preferita (di giudice o di pubblico ministero) sulla base di una scelta che dopo i primi cinque anni diverrebbe definitiva, realizza di fatto la tanto temuta ipotesi di separazione delle carriere; inoltre, sostengono i magistrati, l’impronta organizzativa fortemente gerarchizzata che il progetto intenderebbe conferire all’ufficio del pubblico ministero rischia di ledere l’autonomia e l’indipendenza dei singoli sostituti. Queste le principali ragioni della radicale avversione all’approvata riforma: ragioni alle quali si potrebbe immediatamente replicare, tra l’altro, come il principio della separazione delle carriere, praticato nei sistemi giudiziari dei più avanzati Paesi Europei, non risulta aver intaccato l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e, comunque, sul tema si potrebbero fare riflessioni e trovare punti d’incontro. Ma il problema è un altro.

La decisone dell’A.N.M. segna l’improvviso arresto di quella prospettiva di rasserenamento e di dialogo tra magistratura e maggioranza politica che era affiorata agli inizi di marzo ed alla quale molti, tra cui noi, avevano guardato come alla premessa di una effettiva ed intelligente operosità riformatrice di un sistema giudiziario che langue ormai da troppo tempo.
Proprio a fronte di quella iniziale positiva intesa ci era parsa puramente strumentale e frutto di scelta corporativa l’ostilità manifestata dall’Unione delle Camere penali all’originario disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario ed avevamo duramente criticato lo sciopero degli avvocati penalisti. Lo stesso diciamo oggi, a riguardo dello sciopero proclamato dalla Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati.
Non si può che constatare che neppure alla magistratura interessa che la Giustizia funzioni e torni ad essere servizio al bene del Popolo se essa, pur di conservare le prerogative connesse al proprio status (e conferitele – con buona pace di tutti – da un ordinamento vecchio più di 60 anni) non esita a rompere ogni prospettiva di dialogo con il proprio interlocutore politico volta al miglioramento di un sistema nel quale si è arrivati ad accumulare un debito giudiziario di quasi dieci milioni di processi.

Ribadiamo con forza ciò che avevamo già scritto: la Giustizia è un bene di tutti. La Giustizia è per il bene di tutti. Va difesa e costruita – difendendo e migliorando le istituzioni che, pure in modo imperfetto, ne realizzano la concreta e quotidiana espressione – perché sia garantita la possibilità di una convivenza civile pacifica e fruttuosa. In tale opera di difesa e costruzione ognuno – Politica, Magistratura ed Avvocatura – è chiamato a fare la propria parte, rinunciando parzialmente alla propria idea di giustizia e sacrificando, se occorre, alcune delle proprie prerogative.
L’alternativa è un popolo che non ha più certezze e che corre verso una pericolosa deriva.

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