Fecondazione artificiale: rinasce il mito di Faust?

9 Giugno 2004

 

Riportiamo qui di seguito alcuni passi della sentenza con cui il Tribunale di Catania ha rigettato un ricorso avente ad oggetto il diritto di trasferire ed impiantare in utero solo gli embrioni creati che, all’esito della diagnosi genetica di preimpianto, non presentino patologie genetiche.

Le motivazioni di diniego addotte dal Tribunale ci paiono pienamente condivisibili, laddove, come è possibile leggere in un passo della decisione: “…si confondono gli interessi del figlio “desiderato” con quelli del figlio che concretamente verrà in essere, in ipotesi malato, e, per giustificare la concreta lesione degli interessi del figlio – reale – che concretamente verrà in essere, si invoca l’esigenza di tutelare la salute del figlio “desiderato” che, diversamente da quello che realmente si sacrificherà, è entità virtuale, del tutto astratta, esistente solo nella rappresentazione mentale dei suoi aspiranti genitori. Sicché, si dà l’impressione suggestiva di voler tutelare la salute del figlio, ma siccome il figlio tutelato non è quello reale, ma quello virtuale, non si difende in realtà alcun figlio, ma la propria volontà di averne uno conforme ai propri desideri, sacrificando a questo obiettivo, per tentativi successivi, tutti i figli difformi che venissero nel frattempo. Su questa confusione di concetti e paralogismi che la nascondono si fondano le dottrine eugenetiche certamente ripudiate dal nostro attuale ordinamento giuridico.”

A fronte delle chiari ed evidenti ragioni addotte dal magistrato: “Sempre è dovuto da tutti il rispetto alle leggi, ma sommamente ciò è doveroso in questa materia, che, come si è detto, ha ad oggetto proprio i limiti da porre al potere dell’uomo di agire su uno dei più grandi misteri della natura: l’origine della vita….Ed è certo che la Costituzione non prevede un diritto assoluto dei genitori di avere un figlio come lo desiderano”, desta forte stupore la notizia, riportata da diversi quotidiani che, tra le proposte che la Commissione Ministeriale incaricata di indicare le linee guida applicative della legge presenterà al Consiglio Nazionale di Sanità, si preveda espressamente la possibilità per la madre di rifiutare l’impianto dell’embrione che, ad una diagnosi preimpianto, presenti difetti di sviluppo non correggibili.

Come ha recentemente osservato Giuliano Ferrara su “Il Foglio”, “non ci piace” che sull’onda di un falso sentimentalismo montato ad arte, si voglia lasciare in mano alle aspettative di un uomo il destino di un altro essere umano, cui viene negato il diritto di esistenza stante la sua non conformità ai parametri sperati e, dunque, pretesi.

Ci è stato insegnato che amare l’Altro solo perché esso c’è, senza nulla pretendere, è il supremo gesto d’amore che rende l’uomo degno di definirsi come tale.

Il dibattito odierno sulla fecondazione assistita ci rammenta, invece, la tentazione “faustiana” cui ogni uomo soggiace: nel momento in cui si nega l’oggettività della realtà che si ha di fronte, nasce la pretesa di manipolarla a seconda del proprio personale piacimento. E se questo implica l’eliminazione di qualcuno o qualcosa non gradito, basta dire che ciò di cui si parla (nel caso specifico, l’oggetto della legge, il bambino) non è ancora un uomo e quindi non può trovare tutela giuridica.

Del resto, già gli antichi romani, meno evoluti tecnologicamente (i quali, comunque, ritenevano che “infans conceptus pro nato habetur, quoties de eius commodis agitur”) avevano trovato la soluzione: la rupe tarpea.

Chi fosse interessato al testo completo di tale decisione, può leggerla per esteso su “Guida al Diritto” , n. 23 del 12 Giugno 2004, pag. 42 e segg., ed ai seguenti links:
http://superabile.inail.it/Superabile/HomePage/PrimoPiano/fecondazione_testosentenza.htm
http://www.diritto.it/sentenze/magistratord/trib_ct_40_19_03_04.html

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